Il volto di una donna indiana in abito tradizionale e il link a un ‘Glivec Information Center’ in cui si spiega perché l’anticancro della discordia è "vera innovazione" e non il frutto di una cosiddetta operazione di "evergreening". All’indomani della sentenza il caso Glivec apre l’home page della multinazionale svizzera.
In particolare, il colosso basilese cerca di fare chiarezza sul concetto di innovazione farmaceutica e sul perché è giusto considerare il Glivec un medicinale realmente innovativo, quindi un’entità brevettabile.
Il farmaco, a base di imatinib mesilato, è "un trattamento rivoluzionario che ha cambiato le diagnosi di leucemia mieloide cronica Philadelphia- positiva e di tumori gastrointestinali stromali (Gist) Kitpositivi – ricorda Novartis – da malattie con pochi trattamenti efficaci a patologie croniche gestibili".
"In India esiste un equivoco secondo cui il Glivec non sarebbe un nuovo farmaco, bensì il miglioramento di un farmaco". Una "confusione", precisa Novartis, che nasce da "un brevetto concesso nel 1993 (non in India) per la sintesi della molecola imatinib". Tuttavia l’imatinib come tale, senza gli ulteriori sviluppi che hanno portato alla formulazione della versione definitiva imatinib mesilato, "non sarebbe stato somministrabile con sicurezza ai pazienti".
In altre parole, per Novartis il brevetto del ’93 "è stato solo un primo step nel processo che ha portato allo sviluppo del Glivec come trattamento attuabile contro il cancro".
Il passo avanti che ha reso la molecola iniziale un vero farmaco è stato l’aver "selezionato il sale mesilato dell’imatinib, e quindi sviluppato la forma cristallina beta dell’imatinib mesilato". E’ stato questo passaggio, puntualizza l’azienda produttrice, che ha permesso ai pazienti di assumere la terapia antitumorale "sotto forma di pillola in grado di rilasciare livelli di principio attivo consistenti, efficaci e sicuri".
3 aprile 2013 – PharmaKronos
India: farmaco non innovativo, Novartis perde il ricorso Glivec